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© Gabriele Vitella

Un blog che vuol essere un caffè con le Muse.

S
enza l’Arte non potremmo essere vivi.


 
  15 Dicembre 2024

 
  Delizie romane  
 

 


Nell’arco di due sole giornate riferisco di due avvenimenti culturali decisamente degni di nota.
Il primo è l’esordio romano dell’ensemble spagnolo Los Elementos, impegnato nella diffusione del patrimonio musicale spagnolo del XVIII secolo, di cui ho già parlato in passato per l’incisione della zarzuela di José de Nebra in prima mondiale, Vendado es amor, no es ciego.
Un concerto tenutosi presso la meravigliosa quanto suggestiva cornice del Refettorio dei Minimi all’interno del monastero di Trinità dei Monti, nel contesto della XVII edizione del Roma Festival Barocco, il 14 dicembre 2024, dal titolo La musica dei Borbone: dall’Ebro al Vesuvio.
Il programma prevedeva due sinfonie da camera di Niccolò Porpora, l’op. 2 n° 3 in sol minore e quella in do maggiore, op. 2, n° 2, la Triosonata in Fa maggiore, op.5 n.6 di Händel e due cantate.
Una, sacra, di Francesco Corselli, Rompa, señor, mi acento ed un’altra, profana, di Josè de Torres, Sobre las ondas azules, entrambe interpretate dal bravissimo controtenore Alberto Miguéles Rouco, che dei Los Elementos è altresì fondatore e direttore.
Ai violini, Claudio Rado e Jaume Guri Battle. Al violoncello Giulio Padoin ed all’arciliuto, Leon Jannicke.
Un concerto gradevolissimo e rilassante, arrivato a conclusione di una giornata che per la Capitale è stata parecchio movimentata, per via dell’ennesimo sciopero che ha paralizzato la città mandando in completo tilt il traffico cittadino, quasi completamente disintegrato la pazienza dei più (che però mugugnano solo a mezza bocca, rassegnati) ed il sottoscritto, il quale, per raggiungere il luogo del concerto ha impiegato tre volte in più del necessario il tempo occorrente alla bisogna.
Ma ne è valsa la pena. Assolutamente.
Poco più di un’ora di pura delizia per l’udito. Una sorta di massaggio rilassante per l’anima. Questi sono gli effetti di certa musica barocca di cui non si dovrebbe fare a meno.
Alla fine, meritatissimi applausi per gli interpreti, che ci auguriamo di avere ancora ospiti nella Città Eterna.
Non pago di cotanta grazia, il giorno dopo mi sono concesso un pomeriggio a teatro. Come lo scorso anno, all’Argentina. Sempre per Gabriele Lavia, che questa volta presentava quel colossale monumento qual è lo shakespeariano Re Lear.
Ambientazione particolare, non originalissima (seppur decisamente simbolica), in un teatro abbandonato.
La cosa, a mio modestissimo avviso, in principio non aiuta molto lo spettatore che abbia poca dimestichezza con le faccende di teatro, specie nella prima mezz’ora di spettacolo, che comunque è recitato con tutti i crismi e mantenuto a livelli altissimi dal primo all’ultimo secondo.
Non era facile, non è mai facile, con quest’opera realmente corale, in cui non c’è un solo protagonista. È la follia del mondo ad esserlo tale, ed ogni personaggio ne subisce gli effetti.
Lavia crea (come d’abitudine) un capolavoro interpretativo e sostiene il resto della compagnia in un crescendo di emozioni.
Il pubblico, in sala, gradisce. E molto.
Nell’arco di quella prima mezz’ora, come accennavo, si fa il callo all’ambientazione ed ai costumi in linea con il decadimento della scena.
Dopo un po’, infatti, non si bada più all’estetica ma si viene assorbiti magicamente dalla bravura (per l’appunto) corale degli interpreti. Non c’è nulla fuori posto, ogni cosa s’incastra perfettamente in quella che poi è la visione complessiva dello spettacolo, il cui messaggio è chiarissimo: la guerra (in questo caso quella tra le tre sorelle, figlie di Lear) è sempre la sconfitta di ogni cosa. Ciò che giustifica la scenografia del teatro abbandonato sul quale si muovono con studiatissima tecnica tutti gli interpreti.
Colpiscono Mauro Mandolini (il Conte di Kent) e Luca Lazzareschi (il Conte di Gloucester), come pure Andrea Nicolini (il matto).
Le tre figure femminili composte da Federica di Martino (Goneril), Silvia Siravo (Regan) ed Eleonora Bernazza (Cordelia) rispondono bene all’intensità dei rispettivi ruoli. Ben assortiti Giuseppe Benvegna e Ian Gualdani, rispettivamente Edgar ed Edmund.
Anche in questo caso, applausi scroscianti dopo poco più di tre ore e mezza di rappresentazione, intervallo incluso, che scorrono con energia, fino al tragico epilogo.
Gabriele Lavia sugli scudi, amatissimo. Tornato a questo capolavoro di Shakespeare dopo poco più di cinquant’anni (vi figurava nella parte di Edgar, diretto nel 1972 dal leggendario Giorgio Strehler) Anziano come Lear, ma solo in apparenza. Il maestro sembra rimanere eternamente giovane ed in pieno vigore.
Restiamo in attesa del suo prossimo impegno. Siamo curiosi di vedere cosa ci riserverà nella stagione successiva.

 

 
  Gabriele Vitella
 
 

Note spettacoli:

MONASTERO DI TRINITÀ DEI MONTI - REFETTORIO DEI MINIMI
14 dicembre 2024

“LA MUSICA DEI BORBONE: DALL’EBRO AL VESUVIO”
Ensemble LOS ELEMENTOS

 
Alberto Miguéles Rouco, controtenore
Claudio Rado, violino
Jaume Guri Battle, violino
Giulio Padoin, violoncello
Leon Jannicke, arciliuto


                                                                ***

TEATRO ARGENTINA
26 novembre - 22 dicembre 2024

“RE LEAR”
di William Shakespeare

personaggi e interpreti:

Re Lear Gabriele Lavia
Gloucester
Luca Lazzareschi
Kent
Mauro Mandolini
Il matto
Andrea Nicolini
Goneril
Federica Di Martino
Regan
Silvia Siravo
Cordelia
Eleonora Bernazza
Edgar
Giuseppe Benvegna
Edmund
Ian Gualdani
Scozia
Jacopo Venturiero
Cornovaglia
Giovanni Arezzo
Oswald
Beatrice Ceccherini
Francia e servo
Gianluca Scaccia
Borgogna e servo
Jacopo Carta
Servo
Lorenzo Volpe

Traduzione di
Angelo Dallagiacoma e Luigi Lunari
Regia Gabriele Lavia
Scene Alessandro Camera
Costumi Andrea Viotti
Luci Giuseppe Filipponio
Musiche Antonio Di Pofi
Suono Riccardo Benassi


 



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