Anche questa
volta torno a
teatro. E lo
faccio con uno
spettacolo che è
la versione per
il palcoscenico
di un celebre
film dei primi
anni Settanta, i
cui memorabili
interpreti
furono
Mariangela
Melato e
Giancarlo
Giannini, in una
delle loro
migliori
interpretazioni:
Travolti da
un insolito
destino
nell’azzurro
mare d’agosto.
Quando Lina
Wertmüller girò
la pellicola,
nel 1974, gli
echi della
grande
contestazione
non accennavano
a spegnersi.
Anzi. L’Italia
stava
attraversando un
momento di
cambiamenti
epocali, che
avrebbero
segnato i tempi
a venire.
Anni di lotte
operaie e di
fermento
culturale che il
nostro cinema ha
immortalato nel
corso del tempo.
E Travolti da
un insolito
destino
raccontava
l’improbabile
storia d’amore
nata dopo un
naufragio su
un’isola deserta
tra un marinaio
siciliano
comunista ed una
ricca quanto
viziatissima
signora della
Milano bene
che di Sinistra
non vuole
proprio sentirne
parlare.
Le vicende del
film le
conosciamo bene
o male tutti e
sono, come si
accennava,
frutto
dell’analisi di
una regista
attenta ai
mutamenti
sociali come la
Wertmüller.
Che sarebbe
stata felice di
vedere il testo
scritto con
Valerio Ruiz
nell’adattamento
di Marcello
Cotugno e Irene
Alison portato
in scena al
teatro Quirino
di Roma, tappa
di una tournée
in varie piazze
italiane che
vede come
interpreti
principali
Euridice Axen e
Giuseppe Zeno,
affiancati da
Barbara Alesse,
Alfredo Angelici
e Francesco
Cordella.
Lo spettacolo
ripercorre le
vicende
cinematografiche,
ma
attualizzandole
e conducendo lo
spettatore ad
una serie di
inevitabili
riflessioni.
Anzitutto che il
mondo, negli
ultimi
cinquant’anni,
non è affatto
cambiato.
I ricchi
restano, nel
caso specifico,
avulsi dal mondo
reale in cui si
consumano grandi
e piccoli drammi
di una
consistente
fetta d’umanità
costretta a
servire per
vivere. O
quantomeno a
tollerare il
capriccio del
padrone viziato
di turno. Fino a
che i ruoli non
si invertono ed
il vessatore
diviene vessato.
Nel film si
parla di un
proletario
siciliano che si
affranca, seppur
per un breve
periodo ed in
una situazione
particolarissima,
con una notevole
dose di
autorità.
Sul palco,
abbiamo invece
un immigrato di
seconda
generazione a
rappresentare
quell’umanità in
cerca di
riscatto che
alcuni vedono
sempre troppo di
traverso, anche
per via del
leitmotiv
della paura
dell’altro
che viene da una
terra diversa
dalla nostra.
I tempi hanno
cambiato volto
ai protagonisti,
ma le tematiche
sociali,
insomma, sono
bene o male le
stesse.
E forse c’è da
riflettere anche
sul personaggio
di Raffaella
Pavone Lanzetti
che fu un
capolavoro della
Melato nella
versione
cinematografica.
Nello spettacolo
teatrale, i
momenti in cui
la ricca viziata
viene – diciamo
così –
piegata da
Carunchio fanno
inevitabilmente
pensare agli
accadimenti di
cronaca più
recenti che
sfociano
nell’omicidio di
genere.
La bravura dei
due interpreti
odierni lascia,
nello spettatore
più attento,
modo di
riflettere su
come possa
essere fin
troppo semplice
esercitare
potere
attraverso la
forza e la
conseguente
sottomissione da
parte dell’uomo
sulla donna, che
è e resta
sostanzialmente
indifesa in una
situazione
limite.
Il secondo atto,
quello del
naufragio vero e
proprio, fa
sorridere,
certo. Ma,
ripeto, fa anche
riflettere. E
molto. Proprio
per la
sottolineata
bravura e per la
sensibilità dei
due attori
principali, che
nulla hanno da
invidiare agli
straordinari
protagonisti
della versione
cinematografica.
D’altronde,
Euridice Axen è
una delle
migliori attrici
di prosa (e non
solo, se
guardiamo alle
interpretazioni
televisive e per
il grande
schermo) di
questo Paese.
Passa con grande
facilità dal
registro comico
a quello
drammatico e sa
perfettamente
come tenere
la scena
catalizzando
l’attenzione del
pubblico.
Ripeto, parliamo
di un’interprete
con una
solidissima
preparazione e
con un
curriculum di
tutto rispetto.
Il suo partner
in scena,
Giuseppe Zeno,
possiede
anch’egli una
vis teatrale
indubbia, che lo
porta ad essere
un interprete
vigoroso e
capace, in grado
di suscitare
approvazione a
scena aperta più
di una volta.
Ed il pubblico,
in effetti,
partecipa con
piacere
all’intero
spettacolo,
ridendo di gusto
ed applaudendo
in più
occasioni,
complici anche
le belle
prestazioni
attoriali dei
già citati
Alesse, Angelici
e Cordella.
Due ore di
spettacolo
scorrono
piacevolmente.
Talmente tanto
che viene la
voglia di
ritornare a
vederlo.
Ed anzi, se in
un futuro
prossimo si
dovesse pensare
di girare il
remake
cinematografico
(ne è stato già
fatto uno poco
più di vent’anni
fa, di marca
statunitense ma
decisamente
molto lontano
dai fasti e dal
successo del
film originale)
attualizzandolo,
basterebbe
portare questi
stessi
interpreti sul
grande schermo.
Sarebbe un
bellissimo
omaggio postumo
al genio della
Wertmüller.